lunedì 1 giugno 2015

Oggi bevo: il fiano

Nel negozio dove lavoro la Campania bianca non è rappresentata come vorrei. Ci sta, coprendo in pratica tutte le regioni d'Italia non puoi avere tutte le referenze che un appassionato come me vorrebbe a scaffale e non sempre le esigenze commerciali coincidono con il mio palato.
Rimane il fatto che secondo me i bianchi campani e il fiano in particolare sono una delle punte più alte della viticoltura italiana.
Quindi cosa ho fatto? Ho coperto tre fiano che vendiamo in negozio -uno campano, uno del Sannio e uno siciliano - e le ho messe in degustazione alla cieca con tre bottiglie che ho portato da casa mia: Tenuta Sarno 1860 2013, Particella 928 Cantine del Barone 2012 e Pietracupa 2013.
Senza infamia e senza lode i fiano campani del negozio con una netta preferenza per quello del Sannio, deludente e ruffiano quello siciliano, tutti e tre vengono staccati di parecchie distanze dagli altri.
Finezza e potenza per il vino di Maura Sarno, molto elegante con una struttura acida e minerale di primo piano. Bottiglia godibile ora e con un notevole margine di sviluppo.
Grande anche Particella 928, estremo e unico, note affumicate e torbate al naso, miele e sale e agrumi maturi. Perfetta corrispondenza al sorso, la nota fumè accompagna un sorso grasso e potente e fresco. Estremo e personale è uno di quelli che è piaciuto di più.
Infine Pietracupa. Per me il migliore, ancora scoordinato al sorso e quasi muto al naso ha una struttura minerale imperiosa e trascinante che non si attenua nemmeno dopo sei ore dall'apertura. Ricco di sali e freschezza passa in bocca come una lama di rasoio attaccandosi al palato.
Ne ho ancora quattro bottiglie. Spero di dimenticarle per almeno qualche anno.
Perché tutto ciò? Per dimostrare quanto un grande terroir come l'Avellinese possa trasmettere attraverso un vino se fatto con le dovute maniere.
Gran bel pomeriggio.

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