martedì 27 marzo 2012

Oggi bevo: Friuli Isonzo Rive Alte Pinot Grigio Sot Lis Rivis 2010 - Ronco del Gelso

Il pinot grigio è uno dei vitigni più inflazionati a memoria d'uomo.
Lo sputtanamento è dovuto soprattutto al basso profilo dei prodotti per i mercati esteri che hanno sempre dimostrato di apprezzare le anonime versioni in larghe tirature.
Come spesso accade basta non scoraggirarsi davanti alle mefistofeliche corsie della GDO per trovare prodotti di assoluto interesse.
Questa più che convincente versione Friulana arriva da Ronco del Gelso.
Basse rese, affinamento di un anno in botti di legno da 2500 litri e poi in bottiglia.
Per i più curiosi l'annata del caso ha preso 18/20 dall'Espresso e i 5 grappoli dall'AIS.
L'esborso richiesto è stato di 11.50€ al La Coloniale in corso Genova.

giovedì 22 marzo 2012

Oggi bevo: azienda agricola Stefano Milanesi

Di Stefano Milanesi in rete si parla da un po' e si parla bene.
La cantina è a Castello, una frazione di Santa Giulietta. La trovate sulle colline a destra della strada che da Casteggio porta a Broni. Sabato scorso grazie a Marco, un amico in comune, sono andato a trovarlo insieme ad Ambra. Convinto di passare un bel pomeriggio sui colli dell'Oltrepo è finita che siamo andati via che era quasi mezzanotte, mezzi ciucchi e con un sorriso a 44 denti.
Perché Stefano e Simona, sua moglie, non solo sono simpatici e di compagnia ma anche ospiti di cortesia rara. E di questo li ringrazio di cuore.
Ma passiamo alla ciccia vera: i vini.
I vini di Stefano sono vini veri, spogli da plastificazioni e levigature da grandi concorsi, sani perché fatti con amore e passione prima di tutto, per essere bevuti da chi li apprezza. Non sono vini immediati ne tantomeno facili in alcuni casi ma, questo si, ricchi di personalità. A partire dai vini "base" che base non sono. Per dire: Helga è un pinot nero che matura per un anno in vasche di cemento, nato per essere una versione più semplice ed immediata del vitigno sta rivelando doti inaspettate. Per me bevuto fresco è un piccolo gioiellino. Oppure la bonarda, ops, croatina Tecla che matura anche lei in cemento, ma per due anni, dal gusto quasi d'antan. Ora è in commercio l'annata 2007.
Notevoli anche i due bianchi che ho provato: il Dulos 2009, riesling italico che in questa versione fa un riposo sulle fecce di quasi un anno e mezzo e, complice un'annata particolare, mette in scena un timbro ossidativo e molto maturo che può non piacere a tutti ma sta rivelando una grande sapidità al sorso. L'assaggio del 2010 (ancora in vasca) racconta invece maggiore freschezza e scatto.
Il Setteuve è un assemblaggio di sette uve. Pensa te!
Alla domanda come è nato questo vino la risposta è stata: da una frattura multipla al bacino. Quando stapperò una delle bottiglie acquistate racconterò il resto, se mi brucio tutto in questo post poi che scrivo? Per i più curiosi: adesso è fuori col 2004, a breve verrà imbottigliato il 2007, a buon intenditor...
Stefano di vini ne fa tanti e sono tutti buoni ma quando scendono in campo le riserve il gioco cambia ritmo.
Due le bottiglie che mi han colpito in particolare: la prima è l'Alessandro 2007, potentissimo cabernet sauvignon che metterà in pace con il bistrattato vitigno anche i più scettici e, sopratutto, il Maderu 2003, pinot nero in purezza. Quest'ultimo aperto da più di un giorno versato nel calice letteralmente strabordava profumi. Ora è vero che io di pinot nero capisco poco, mi mancano i paragoni ma questo è buono sul serio, a prescindere dal resto. Austero, potente ed elegante. Ed è pinot nero, non puoi confonderlo. E arriva dalla famigerata vendemmia 2003, calda come l'inferno, nonostante ciò è un vino tutt'altro che stramaturo, molle o stanco, anzi.
Al netto di tutto la giornata passata in compagnia di Stefano, sua moglie Simona, Maeco e Cristian è stata bellissima. Grandi vini che meritano sicuramente il viaggio e un assaggio più attento del miei fatti tra chiacchiere e risate. Da parte mia non mancherò di farlo, garantito.

P.S.: la foto che vedete non è mia, arriva dalla rete. Se il proprietario non fosse daccordo sulla pubblicazione non ha che da dirmelo, rimedierò immediatamente.

martedì 20 marzo 2012

Oggi bevo: Nebbiolo, con la N maiuscola

Che la passione per il vino sia una figata è, almeno per me, cosa assodata. Ad esempio noi siamo riusciti a creare un gruppo di sei/sette persone che vanno dai 28 ai 70 anni e che riescono, grazie alla suddetta passione, a dar vita a cose come la cena, l'ennesima, fatta sabato scorso.
Ognuno ha messo del suo a partire dalle delizie culinarie fino alle bottiglie. Siamo riusciti a stapparne 9, altre son rimaste li, destinate a futuri gozzovigli.
Abbiamo bevuto bene, altro che.
Il tema centrale della cena è stato sua maestà il Nebbiolo. Uva dalla quale arrivano indiscutibilmente tra i più grandi vini d'Italia e quindi del mondo (un po' di sano nazionalismo enoico qui ci sta a pennello!).
E giusto per essere coerenti la prima bottiglia stappata è stato un golosissimo Gardet SA, Champagne dal prezzo popolare ma dalla beva irresistibile, soprattutto dopo un paio d'anni in bottiglia.
La bottiglia successiva aveva anche lei la bollicina, però era decisamente in tema: nebbiolo di Langa spumantizzato seguendo rigorosamente il metodo classico. Si chiama Epacrife, il millesimo di riferimento è il 2007 e la boccia ha riscosso un discreto successo. L'unico appunto è stato fatto rilevando un attacco in bocca piuttosto in sordina che si riscattava avanzando con un sorso rigoroso, sapido, fresco e ben secco. Il suo forte però era un naso di bella intensità e fragranza (anche un po' ruffiano) che, per tutto il tempo in cui è rimasto nel bicchiere (non molto, a dire il vero) non è calato un attimo.
Poi è venuto il turno dei Barbaresco. E qui abbiamo messo sul tavolo una sequenza di tre bottiglie di diversa impostazione ma di alto valore: Martinenga 2006 dei Marchesi di Gresy, Pajè 2003 di Roagna e il Bricco 2004 di Pio Cesare.
Il primo è buono senza se e senza ma. Classico nell'impostazione arriva da un'annata di sicuro valore, fa dell'eleganza la sua caratteristica principale. Il Pajè di Roagna ha fatto discutere: sicuramente è quello con più carattere, figlio di una vendemmia difficile e vinificato con metodi quasi ancestrali che prevedono ad esempio una macerazione prossima ai 100 giorni. Il naso forse segnato da una volatile sopra le righe, molto agrumato e da un sorso di alto rigore, dove acidità e tannino hanno messo in luce la vera struttura del vino. A me è piaciuto molto, un vino senza compromessi. Il Bricco di Pio Cesare ha sicuramente ottima materia. Il problema, IMHO, è il legno (rigorosamente piccolo) che copre le sfumature, arrotonda gli spigoli e fa incazzare i tannini. Muscoloso, per gli amanti dei '90.
Vennero poi gli outsider: Carema 2004 etichetta nera di Ferrando: due anni di barrique e non sentirli, buono davvero. Canua 1997 Conti Setoli Salis: io non sono un amante dello Sforzato, secondo me la Valtellina si esprime al meglio con le vinificazioni classiche ma questa bottiglia era puro velluto. Etereo, elegante, setoso ed avvolgente. Il '97 è stata l'annata del secolo per qualche anno, qui ci ha messo del suo. Per ultimo l'AD delle cantine Doria di Montalto, questo outsider sul serio: arriva da Montalto Pavese in Oltrepo. Non è male, anzi, il confronto con i piemontesi non regge ma non facciamogliene una colpa, era prevedibile ed è comprensibile.
Detto questo taglio corto e passo a ringraziare tutta la truppa dei disgraziati, con menzione d'onore a Riccardo, ospite delizioso.